Delle migliaia di personaggi finzionali nati sulle pagine dei fumetti giapponesi e diventati i protagonisti di trasposizioni animate, sono pochi quelli che vantano davvero lo statuto di icone. L’Uomo Tigre “che lotta contro il male e combatte solo la malvagità” è uno di questi, e il cartone animato che ce lo ha fatto conoscere compie mezzo secolo il 2 ottobre 1969. Dalla caratteristica maschera da felino alla citata sigla (una delle più belle dei Cavalieri del re), passando per i feroci incontri di lotta sul ring, tutto ha contribuito a consolidarne il titolo di fenomeno della pop culture. Dietro alla maschera del wrestler si cela Naoto Date, un giovane dal volto di bambino e dal corpo gigantesco che miete vittorie con inaudita violenza e devolve i ricavati agli orfani mentre un’orda di avversari dai nomi e dall’aspetto improbabili appartenenti all’efferata associazione della Tana delle Tigri cerca di ucciderlo. Ecco qualche curiosità su l’Uomo Tigre.
1. L’origine della Tana delle tigri
L’età raccomandata per la visione di L’Uomo Tigre era, all’inizio degli anni ’80 quando il cartone vide la luce in Italia, dodici anni. Veterana dai mille passaggi dei palinsesti televisivi locali, oggi sarebbe raccomandata a un pubblico più maturo, complice l’ultraviolenza dei match e degli allenamenti dei wrestler, a partire dal training sanguinario della Tana delle Tigri. L’associazione che formava i lottatori tra in un centro abbarbicato sulle Alpi evocava la spietata Peking Opera School dove sono furono addestrati Jackie Chan e Sammo Hung tra percosse ed esercizi durissimi. La Tana trasforma i suoi adepti in macchine per uccidere temprandoli con nuotate nella pece bollente, duelli con felini giganti, corse sotto piogge di alabarde e riposini a testa in giù. Sul ring gli incontri sono altrettanto cruenti, tanto che a distanza di più di trent’anni gli spettatori italiani del cartone guardano ancora con diffidenza le gambe dei tavoli e i gong, sapendo che possono diventare strumenti di morte.
2. I wrestler quelli veri
Il cartone dell’Uomo Tigre ci ha propinato una variegata e bizzarra galleria di lottatori dai nomi e dai costumi tanto stravaganti da sminuire i fantasiosi luchador mascherati messicani (presente i leggendari – e americanizzati – Eddie Guerrero e Rey Misterio?). Nel corso dei cartoni Naoto si è scontrato con uomini insetto, uomini rettile, uomini mummia e uomini senza faccia con la testa a forma di prepuzio (il mitico Mister No) e così via. Tuttavia, compaiono anche lottatori veri, come Antonio Inoki e lottatori di puroresu (professional wrestling) giapponesi. Il mondo del wrestling annovera anche un vero Tiger Mask, il luchador Satoru Sayama attivo agli inizi degli anni ’80, nonché il primo di una mezza dozzina di incarnazioni del wrestler con la maschera di tigre, tanti quanti quelli che hanno interpretato Black Tiger (antagonista dell’Uomo Tigre), tra cui il citato Guerrero.
3. Beneficenza in nome di Naoto Date
Naoto è un lottatore che decide di tenersi i compensi delle vittorie per donarle agli orfani al posto che consegnarli alla Tana delle Tigri. Le sue donazioni agli orfanotrofi diventarono tanto popolari che in Giappone chi fa beneficenza ai bambini poveri e agli istituti in forma anonima in più di un caso ha adottato lo pseudonimo di Naoto Date. Durante il natale del 2010 una signora ha scaricato un piccolo carico di cartelle complete dei materiali necessari per l’anno scolastico presso un istituto per bambini disabili di Nagasaki, con un biglietto firmato col nome del personaggio di Kajiwara. Altri casi – quasi di un centinaio – sono rappresentati da donazioni in giocattoli, assegni e buoni per la spesa. Alla faccia di chi accusa i cartoni come L’Uomo Tigre di istigare alla violenza.
4. L’Uomo Tigre e Rocky Joe
L’Uomo Tigre (Tiger Mask) nasce come manga nel gennaio del 1968; poco più di un anno e mezzo dopo debutta il cartone animato, un clamoroso successo quasi quanto l’originale cartaceo. L’autore è
Ikki Kajimura (vero nome Asaki Takamori), autore di svariati manga sportivi spokon come Tommy Stella dei Giants e
Arrivano i Superboys. Contemporaneamente una testata concorrente pubblica
Rocky Joe (il fumetto sportivo forse più bello mai scritto in Giappone) di tale Asao Takamori, che altri non è che Kajimura. I due manga hanno molti punti in comune: i protagonisti praticano lo sport con passione suicida, vivono perseguitati dalla sfiga e muoiono giovani, crescono poverissimi e desiderosi di riscatto sociale nel Giappone del dopoguerra. Un po’ come Kajimura, cresciuto proprio nel dopoguerra e morto giovane (appena cinquantenne) nel 1987 lasciandosi dietro una smilza produzione dopo un’esistenza travagliata, un matrimonio fallito dopo solo due anni (con una denuncia per percosse) con la cantante taiwanese Pai Bing-Bing e una figlia che morirà dieci anni dopo un tragico rapimento.
5. Il manga, le serie e (l’inqualificabile) film
Nel fumetto, perfettamente in linea con il pessimismo e le tendenze autodistruttive dell’autore, Naoto fa una butta fine. Nella serie riesce a sfuggire alla grinfie della Tana delle Tigri, mentre nel seguito animato, di quasi dieci anni successivo, si dice perito in un incidente come nel manga; qui lo scettro di Uomo Tigre passa a uno degli orfani cresciuto a pane e match di wrestling, Tatsuo Aku, questa volta in conflitto con i cattivissimi emissari della Federazione spaziale, proprietà di un emiro arabo che a sua volta fa il wrestler.
Nel 2016 Tiger Mask W, terzo adattamento televisivo ambientato quarant’anni dopo, gli avvenimenti del secondo vengono ignorati, riprendendo la linea narrativa per cui Naoto è sfuggito alla setta, la Tana delle Tigri è risorta con un nuovo nome e due giovani lottatori uniscono le forze per abbatterla.
Sarebbe meglio tralasciare l’orripilante Tiger Mask, film con attori in carne e ossa (il protagonista è l’idolo giapponese Eiji Wentz) del 2013 dove ci sono tre lottatori che indossano maschere (e improbabili armature) da tigre.
Oggi nel 2023, sembra stia per nascere un progetto per la realizzazione di un film, nella speranza che riesca ad essere migliore del sopracitato.
Post Views: 271
Lascia un commento
commenti
5 COSE CHE NON SAI SUL CARTONE ANIMATO “L’UOMO TIGRE”
Il cartone dell’Uomo Tigre ci ha propinato una variegata e bizzarra galleria di lottatori dai nomi e dai costumi tanto stravaganti da sminuire i fantasiosi luchador mascherati messicani (presente i leggendari – e americanizzati – Eddie Guerrero e Rey Misterio?). Nel corso dei cartoni Naoto si è scontrato con uomini insetto, uomini rettile, uomini mummia e uomini senza faccia con la testa a forma di prepuzio (il mitico Mister No) e così via. Tuttavia, compaiono anche lottatori veri, come Antonio Inoki e lottatori di puroresu (professional wrestling) giapponesi. Il mondo del wrestling annovera anche un vero Tiger Mask, il luchador Satoru Sayama attivo agli inizi degli anni ’80, nonché il primo di una mezza dozzina di incarnazioni del wrestler con la maschera di tigre, tanti quanti quelli che hanno interpretato Black Tiger (antagonista dell’Uomo Tigre), tra cui il citato Guerrero.
Naoto è un lottatore che decide di tenersi i compensi delle vittorie per donarle agli orfani al posto che consegnarli alla Tana delle Tigri. Le sue donazioni agli orfanotrofi diventarono tanto popolari che in Giappone chi fa beneficenza ai bambini poveri e agli istituti in forma anonima in più di un caso ha adottato lo pseudonimo di Naoto Date. Durante il natale del 2010 una signora ha scaricato un piccolo carico di cartelle complete dei materiali necessari per l’anno scolastico presso un istituto per bambini disabili di Nagasaki, con un biglietto firmato col nome del personaggio di Kajiwara. Altri casi – quasi di un centinaio – sono rappresentati da donazioni in giocattoli, assegni e buoni per la spesa. Alla faccia di chi accusa i cartoni come L’Uomo Tigre di istigare alla violenza.
L’Uomo Tigre (Tiger Mask) nasce come manga nel gennaio del 1968; poco più di un anno e mezzo dopo debutta il cartone animato, un clamoroso successo quasi quanto l’originale cartaceo. L’autore è Ikki Kajimura (vero nome Asaki Takamori), autore di svariati manga sportivi spokon come Tommy Stella dei Giants e Arrivano i Superboys. Contemporaneamente una testata concorrente pubblica Rocky Joe (il fumetto sportivo forse più bello mai scritto in Giappone) di tale Asao Takamori, che altri non è che Kajimura. I due manga hanno molti punti in comune: i protagonisti praticano lo sport con passione suicida, vivono perseguitati dalla sfiga e muoiono giovani, crescono poverissimi e desiderosi di riscatto sociale nel Giappone del dopoguerra. Un po’ come Kajimura, cresciuto proprio nel dopoguerra e morto giovane (appena cinquantenne) nel 1987 lasciandosi dietro una smilza produzione dopo un’esistenza travagliata, un matrimonio fallito dopo solo due anni (con una denuncia per percosse) con la cantante taiwanese Pai Bing-Bing e una figlia che morirà dieci anni dopo un tragico rapimento.
Nel fumetto, perfettamente in linea con il pessimismo e le tendenze autodistruttive dell’autore, Naoto fa una butta fine. Nella serie riesce a sfuggire alla grinfie della Tana delle Tigri, mentre nel seguito animato, di quasi dieci anni successivo, si dice perito in un incidente come nel manga; qui lo scettro di Uomo Tigre passa a uno degli orfani cresciuto a pane e match di wrestling, Tatsuo Aku, questa volta in conflitto con i cattivissimi emissari della Federazione spaziale, proprietà di un emiro arabo che a sua volta fa il wrestler.
Nel 2016 Tiger Mask W, terzo adattamento televisivo ambientato quarant’anni dopo, gli avvenimenti del secondo vengono ignorati, riprendendo la linea narrativa per cui Naoto è sfuggito alla setta, la Tana delle Tigri è risorta con un nuovo nome e due giovani lottatori uniscono le forze per abbatterla.
Sarebbe meglio tralasciare l’orripilante Tiger Mask, film con attori in carne e ossa (il protagonista è l’idolo giapponese Eiji Wentz) del 2013 dove ci sono tre lottatori che indossano maschere (e improbabili armature) da tigre.
Oggi nel 2023, sembra stia per nascere un progetto per la realizzazione di un film, nella speranza che riesca ad essere migliore del sopracitato.
Lascia un commento